Il bambino
Narriamo qui la storia del bambino che dette vita alla nave Phoenix con il suo toco delle mani.
Roberto era stato molto colpito da ciò che è accaduto alla nave durante le fasi di spostamento del tesoro. Limoncino notò questo stato d’animo e disse a Roberto:
“Scudiero (Limoncino chiamava gentilmente in questo modo Roberto), non so cosa tu portassi dalla Terra Santa, ma tu non sei stato il primo. Secoli fa qualcun’altro sbarcò su queste coste portando qualcosa dalla Terra Santa. Non so che cosa abbia portato, ma so chi fosse: era l’apostolo Giacomo detto Maggiore. Roberto, dai un’occhiata, questa chiesa è dedicata a lui. Egli sbarcò in questo porto prima di andare in Spagna. Chiedi al Predicatore se vuoi conoscere tutta la storia”.Roberto raggiunse immediatamente il Predicatore e chiese spiegazioni. Il predicatore divenne cupo, quasi irritato dalla richiesta di Roberto, ma Roberto insistette e quando dalla sua bocca uscì una maledizione, il Predicatore capì che doveva accontentarlo. Il predicatore lo portò dal priore, l’unico che lo poteva autorizzare a raccontare la storia a Roberto. Raggiunto il Priore, Roberto ottenne le informazioni che voleva. Secondo una leggenda, forse un pò più di una leggenda, Dopo che fu costruita una chiesa proprio in quel punto, l’apostolo Giacomo chiamato il Maggiore sbarcò sulla costa di Livorno (allora territorio romano) portando con sé due personaggi: una donna e un bambino ma quando partì per la Spagna, la donna e il bambino non lo seguirono. Ma perché l’apostolo Giacomo venne a Livorno? L’apostolo Giacomo quando partì per la Spagna non sarebbe dovuto arrivare a Livorno, ma qualcosa che accadde sulla nave dove era salito a bordo fece cambiare il suo itinerario. Sulla nave romana furono feriti numerosi legionari romani. Uno di loro, un veterano centurione, morì durante il viaggio, ma non fu gettato in mare come era usanza fare. I suoi compagni credevano che potesse tornare in vita e che tutti i feriti potessero guarire. Giacomo incuriosito, chiese spiegazioni e un soldato romano rispose che sulle coste dell’Ardentia, nella terra dei Liburni, c’era una grotta naturale dove sgorgava una fonte, chiamata Acquaviva, che poteva guarire i feriti e persino risuscitare i morti puri di anima. Queste parole colpirono Giacomo, che decise di rimanere a Livorno per partecipare all’evento di persona. Quando arrivarono lì, avvenne il miracolo: il centurione morto, una volta immerso nell’acqua, si rianimò e i feriti guarirono. Giacomo fu testimone del fatto e si chiese se quella fosse opera di Dio o del diavolo. Iniziò così la sua ricerca. Rimase in quella zona per tre mesi e voleva persino scoprire da dove provenisse quella fonte. Capì subito che non veniva dal mare perché non era acqua salata e scoprì un piccolo rivolo d’acqua che alimentava la fonte. Giacomo seguì questo rivolo e vide che fuori dalla grotta c’era un grande ruscello che scendeva dalle colline circostanti (quello che ora è chiamato Rio Maggiore). Giacomo lo seguì fino alla fonte, in cima a una montagna vicino alla Valle Benedetta. Il monte prese quindi il nome di Monte Maggiore. Non si sa esattamente cosa Giacomo abbia trovato sulla montagna, ma è certo che non riusciva a capire il potere della fonte Acquaviva. Ad ogni modo il luogo (Valle Benedetta) sembrava sicuro e così la donna decise di rimanere lì con il bambino mentre Giacomo partì per la Spagna. Si dice che i resti di questa donna siano ancora conservati nella chiesa della Valle Benedetta in un contenitore con stampato il nome “Sancta Magdalena”. Inoltre, si dice che la donna visse per diversi secoli, forse a causa dei poteri della fonte Acquaviva e che il bambino fosse un bambino per sempre. Devo aggiungere che la comparsa del bambino sulla nave veneziana non fu l’unica. Si dice che nel IV secolo, nella stessa area, il bambino apparve a Sant’Agostino mentre meditava sulla spiaggia. Non è un caso che i Templari siano diventati devoti di Sant’Agostino, al punto di indossare i mantelli dei monaci agostiniani come segno di riconoscimento dell’ordine.