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Leontino e l’elmo del cavaliere dei due Elmi

Per narrare questa storia, è necessario fare un lungo passo indietro nel tempo fino al maggio 1222 ed andare presso l’eremo di San Jacopo in Acquaviva. Il tramonto era appena arrivato quando il Predicatore, preoccupato per la situazione che stava mutando per quanto riguarda la custodia delle reliquie, decise di raggiungere Roberto da Volterra nel suo dormitorio. Ma, aprendo la porta della stanza che era senza una serratura, il Predicatore sorprese Roberto da Volterra in atteggiamenti intimi con Leontino. Questo sfortunato evento costrinse il Predicatore ad allontanare il giovane Leontino e consigliare a Roberto alcuni mesi di meditazione e reclusione all’interno del monastero del “Conventaccio”, un tempo situato sul Monte Massimo, oggi chiamato “La Poggia”. Il giovane Leontino fu mandato via dal Predicatore in malo modo, e gli fu intimato di non tornare mai più in quei luoghi. Leontino dovette obbedire all’ordine, ma meditò la vendetta, tanto che prima di andarsene rubò una reliquia gelosamente custodita dal Predicatore. Era un elmo appartenente al famoso cavaliere dai due elmi. Lo stesso elmo che per un certo periodo aveva ospitato all’interno la Coppa Sacra. I due elementi si erano fusi insieme e nessuno era mai riuscito a staccarli, fino a quando non furono bagnati dall’acqua dell’Acqaviva di San Jacopo. L’elmo, a contatto con la Coppa Sacra, aveva acquisito enormi poteri che trasmetteva a chiunque lo indossasse e Leontino lo voleva usare per ritrovare l’amore di Roberto da Volterra. Leontino, una volta rubato l’elmetto, si trasferì nella sua città natale per decidere cosa fare. Il giovane era originario della città di Siena appartenente alla famiglia degli Ugurgieri. Il vero nome del battesimo era Leone, “Leone degli Ugurgeri“, ma per le sue caratteristiche femminili e il suo modo gentile, fu “ribattezzato” Leontino il giovane. Alcuni sostenevano addirittura che Leontino fosse un androgino o addirittura una vera donna che voleva nascondere la sua vera natura per arruolarsi nei templari del comando di Volterra, dove incontrò Roberto. Il giovane Leontino, che prese possesso dell’elmetto che il cavaliere dei due elmi, prima di tornare in terra santa, aveva lasciato sotto la custodia del predicatore, si diresse verso Siena lungo la via Francigena. In soli tre giorni a piedi, raggiunse la città di Siena ma decise di non tornare dalla sua famiglia a causa di alcuni disaccordi del passato e si diresse verso il castello di uno dei suoi prozii: l’ultimo discendente della famiglia Berardenga. Il vecchio saggio parente consigliò a Leontino di chiedere asilo ai monaci dell’antico monastero che in seguito divenne la chiesa di San Virgilio. I religiosi del monastero nutrivano grande stima e ammirazione per tutti coloro che avevano fatto o facevano ancora parte dei Templari e certamente non si sarebbero rifiutati di ospitare Leontino. Fu durante uno dei suoi ritiri spirituali nella sua umile cella che Leontino iniziò a osservare meglio l’elmetto rubato. Leontino non immaginava assolutamente quale potere avesse l’elmetto, sapeva da una confidenza fatta da Roberto Martello, detto da Volterra, che nell’elmetto c’era un grande potere, ma sconosciuto. Incuriosito da tutto ciò, Leontino decise di indossare l’elmetto e con grande sorpresa si rese conto che poteva sentire i pensieri dei monaci che stavano pregando nelle celle vicine. Sembrava persino avere lampi di chiaroveggenza e premonizione che lo portarono a tornare in Egitto dove avrebbe raggiunto una grande piramide rovesciata e riportato lo “specchio del romitone” per rimetterlo nella stanza con il pavimento a scacchiera. La premonizione gli aveva fatto capire che se avesse riportato lo specchio del romitone in Egitto avrebbe ricevuto in cambio l’amore eterno di Roberto da Volterra. Alla fine dell’incredibile visione Leontino dovette togliersi l’elmetto rapidamente perché stava iniziando a sentirsi male con emicrania e nausea. Inoltre, alcune ciocche di capelli gli rimasero attaccate al casco rendendolo quasi calvo in alcune zone della testa. Ciò lo disturbò a tal punto che, preoccupato per i suoi folti capelli, promise di non indossare mai più l’elmetto. Ma pochi giorni dopo, la sua determinazione e l’amore per Roberto Martello lo portarono a ripetere l’esperimento e a chiedere informazioni su come raggiungere la grande piramide rovesciata. Immediatamente il casco diede a Leontino un’altra visione molto più chiara. Leontino doveva raggiungere il cavaliere dei due caschi perché sapeva esattamente dove si trovava la piramide rovesciata. La visione suggerì a Leontino di partire immediatamente per l’isola di Pantelleria dove, sulla cima di una montagna, avrebbe sicuramente incontrato il cavaliere. La nave su cui viaggiava il cavaliere dei due caschi, infatti, prima di raggiungere l’Egitto si era fermata sull’isola di Pantelleria e sarebbe rimasta lì fino ad agosto. Leontino aveva circa tre mesi per organizzare il viaggio. L’intento di Leontino era di poter seguire il cavaliere dei due elmi fino alla grande piramide rovesciata in Egitto. Leontino aveva un forte timore reverenziale per il cavaliere. Roberto da Volterra raccontò infatti a Leontino una leggenda sul cavaliere dei due elmi in cui narrava l’acquisizione della sua immortalità dopo la sconfitta dei giganti sull’altopiano armeno e dopo che si sarebbe impossessato di una spada magica appartenuta a un gigante che aveva sconfitto. Il cavaliere dei due caschi era convinto che alcuni giganti della stessa stirpe combattuta secoli fa vivessero nelle viscere della terra sotto il Monte Poggia. Leontino voleva andarsene il prima possibile, ma non poteva portare con sé l’elmetto rubato. Non potendo lasciarlo nella sua cella all’interno del monastero, dovette nasconderlo in un luogo sicuro. Una mattina, quando si svegliò, Leontino ebbe un’intuizione, vedendo alcuni religiosi che andavano al lavoro decise di seguirli. Insieme ad altri cittadini, questi religiosi stavano partecipando all’espansione di un grande acquedotto sotterraneo. La retribuzione per questi lavoratori non era molto elevata, ma garantivano vitto e alloggio per l’intero periodo di permanenza nei cantieri. Leontino nascose il suo elmetto rubato sotto il mantello e si unì agli altri religiosi fingendo di voler partecipare ai lavori di scavo. Una volta all’interno di un ramo dell’acquedotto notò una nicchia coperta da una piastrella in terracotta raffigurante la Madonna: il luogo era piuttosto buio e inaccessibile e Leontino decise di nascondere l’elmetto in quella nicchia. Così Leontino potè raggiungere l’isola di Pantelleria dove le sue tracce si persero per sempre.